martedì 22 dicembre 2009

Avevo una 128 gialla.
O meglio, la mia famiglia aveva una 128 gialla.
Ma considerando che l'unico a guidare (non ad avere una patente... ma questa è un'altra storia...) era solo una persona, credo di dover affermare che mio papà aveva una 128 gialla.

Però la 128 gialla era mia.
Io l'amavo. Io le parlavo.

Veramente parlavo a tutte le cose che mi stavano care, o perlomeno questa era l'idea di fondo: alla fine mi sentivo in colpa e parlavo con tutte le cose che avevo intorno perchè temevo si potessero sentire non volute. Ho esercitato la par-condicio fin da piccola...

Ma la 128 gialla...
Una banana con le ruote. Una scatola quadrata, nella quale mi sentivo come il verme nella frutta: a casa e felice.

Non ricordo momenti particolari, solo forti emozioni.
Ed un unico nefasto, terribile, odioso, tragico evento: la separazione.

Penso a mio papà, che dopo tanti sacrifici chissà com'era contento di poter finalmente cambiare la macchina, e penso a me, con il cuore devastato dal destino crudele.
Io, minuscola Bèuf, ricordo di essere corsa fuori, in giardino, di aver abbracciato la 128 gialla (non la posso chiamare macchina, lei ha un'unica definiziona: 128 gialla) e di averle detto, tra le lacrime e i singhiozzi: "Io ti voglio bene e non ti dimenticherò mai".

Ho pianto due giorni.
Poi è arrivata la Peugeot bianca.
Parlavo anche con lei, ma credo si sia accorta che qualcosa non andasse.
E forse soffriva di non essere gialla.